
La mancanza di una presa di posizione forte e coerente da parte del Vaticano contro figure come Benjamin Netanyahu, Donald Trump, l’Unione Europea o le lobby delle armi solleva interrogativi sul ruolo della Chiesa cattolica nella geopolitica contemporanea. In un mondo attraversato da guerre, disuguaglianze, migrazioni forzate e crescente militarizzazione, ci si aspetterebbe dalla Santa Sede un atteggiamento più incisivo e profetico. Eppure, la posizione del Vaticano resta spesso prudente, diplomatica, o comunque poco visibile, soprattutto quando si tratta di criticare apertamente politici potenti o interessi economici consolidati.
Per quanto riguarda Netanyahu
Le politiche israeliane nei confronti dei palestinesi – in particolare gli attacchi su Gaza, gli insediamenti nei territori occupati e la gestione dell’identità nazionale in chiave esclusivamente ebraica – rappresentano, secondo molti osservatori internazionali, violazioni del diritto umanitario e ostacoli alla pace. Il Vaticano ha più volte invocato la fine della violenza in Terra Santa, ma ha evitato di nominare direttamente i responsabili politici di Israele. Questa cautela è in parte comprensibile, considerati i delicati rapporti diplomatici tra la Santa Sede e lo Stato di Israele, ma ciò non toglie che l’assenza di una denuncia esplicita indebolisca il messaggio etico della Chiesa.
Su Donald Trump
il Vaticano ha espresso alcune critiche – in particolare in merito alla sua politica migratoria e al ritiro dagli accordi sul clima – ma mai in modo sistematico o fermo. L'operato del Vaticano, spesso è stato caratterizzato da un’attenzione particolare ai poveri, ai rifugiati e alla giustizia sociale, spesso però, è apparso in tensione con la visione populista e nazionalista di Trump. Tuttavia, la critica si è limitata a toni generali e appelli al dialogo, senza un’esplicita condanna delle politiche discriminatorie o belliciste adottate durante la sua presidenza.
Riguardo all’Unione Europea
Il Vaticano ha assunto un atteggiamento ambivalente. Se da un lato ne apprezza l’impegno per la pace e l’integrazione, dall’altro raramente interviene con decisione quando l’Europa si rende complice di politiche migratorie disumane, di politiche economiche neoliberiste che aggravano la povertà, o di alleanze militari discutibili. Anche in questo caso, la diplomazia sembra prevalere sulla profezia.
Infine, le lobby delle armi
Rappresentano un evidente bersaglio etico per la Chiesa. Eppure, nonostante alcuni discorsi papali che condannano la produzione e il commercio di armi, manca una campagna sistematica e continuativa da parte del Vaticano. Non esistono pressioni concrete sulle aziende, né una vera mobilitazione globale guidata dalla Santa Sede contro il traffico bellico che alimenta guerre in tutto il mondo.
In conclusione, la mancanza di una vera azione da parte del Vaticano contro queste potenze e interessi rappresenta una zona grigia dell’attuale pontificato. Il Vaticano ha dato voce a molte istanze sociali ed ecologiche, ma resta il limite di una diplomazia vaticana ancora troppo prudente e spesso silenziosa di fronte a ingiustizie evidenti. Una Chiesa davvero profetica dovrebbe parlare più chiaramente, anche a costo di scontentare i potenti.
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