Cinema e criminalità

Pubblicato il 22 settembre 2025 alle ore 16:08

di normalizzare e rendere “glamour” la vita criminale. Le storie di periferia, i boss che diventano figure quasi mitologiche, i piccoli delinquenti che trovano spazio in narrazioni epiche: tutto ciò serve a nutrire un modello che trasforma la devianza in identità sociale.

Meccanismo subdolo

Il meccanismo è semplice e subdolo. Le mafie reinvestono denaro sporco nella produzione culturale, finanziando pellicole che raccontano il loro stesso mondo sotto una luce ambigua. Non sempre si tratta di apologia esplicita: spesso il trucco sta nel fascino estetico, nel ritmo incalzante, nella musica che accompagna le scene di violenza. In questo modo, un atto crudele appare come una danza, un colpo di pistola come un gesto di stile. L’arte visiva diventa complice di un’estetica della brutalità.

Per i giovani

Per i giovani, che vivono in contesti fragili e in periferie dimenticate, questi prodotti rappresentano un surrogato di educazione. Dove la famiglia è assente, dove la scuola non riesce a farsi autorevole, è il cinema a imporre valori e comportamenti. Ed è un cinema che premia l’audacia violenta, la rapidità del denaro facile, l’appartenenza al gruppo. Chi cresce con queste immagini interiorizza la convinzione che l’unico destino possibile sia legato alla strada. Non a caso, molti ragazzi cominciano a imitare atteggiamenti, linguaggi, perfino posture viste sullo schermo, come se quelle pellicole fossero manuali non ufficiali di sopravvivenza urbana.

Il cinema e la criminalità

In questo senso, i produttori legati alla criminalità hanno compreso un punto chiave: il cinema non solo riflette la realtà, ma la plasma. Finanziare film violenti diventa allora una strategia di lungo periodo, un investimento nella creazione di un immaginario collettivo favorevole alla perpetuazione del potere criminale. Un giovane che cresce sognando di diventare il protagonista di una di quelle storie non avrà più bisogno di essere reclutato con la forza: sarà lui stesso a cercare la strada.

La spirale che ti risucchia

Il risultato è una spirale pericolosa: la periferia genera marginalità, il cinema la racconta e la sublima, i ragazzi la interiorizzano come identità, e la criminalità trae nuova linfa da questo ciclo. È un meccanismo di autoalimentazione che rende la strada non solo un luogo fisico, ma un destino simbolico. La sottocultura criminale, supportata dal cinema, si presenta così come unica possibilità di riconoscimento, sottraendo ai giovani l’idea di alternative concrete.

Il cinema e la criminalità

Se da un lato il fenomeno mostra la potenza devastante delle immagini, dall’altro rivela anche la responsabilità di chi produce cultura. La scelta di rappresentare la criminalità con leggerezza o fascino non è neutrale: diventa parte integrante di un sistema che educa al disincanto e alla violenza

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